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Esperienze sensoriali dal cannolo al resto del mondo

Cannolo siciliano

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Il re dei dolci isolani con la ricotta

Perché scomporre una cosa che è già perfetta tutta d’un pezzo? Oggi il protagonista è lui, il cannolo, senza scomposizioni, se non quella al momento del morso, della rottura, quella che, quando accade, più che scomporre, compone musica per le tue orecchie e gusto per la tua bocca, accompagnati dalla sinfonia del suo profumo inconfondibile.

A parer mio, diffidate dai cannoli scomposti, di cui avrete sicuramente sentito parlare e forse avete anche assaggiato, e immergetevi in questo rubinetto di ricotta, diffidate almeno e soprattutto da quelli senza aggiunte significanti, in cui è prevista della ricotta al piatto con dei pezzi di cialda rotti più o meno volutamente e adagiati sopra di essa.

Che poi quale atto di genialità per portare della ricotta a passeggio o a tavola, gustando diverse consistenze. Molti dei dolci isolani contengono la ricotta, ma l’unione del croccante della scorza con la ricotta all’interno, morbida e aromatica non ha eguali.

In fin dei conti, la semplicità è padrona di questa pietanza, pochi componenti e accostamenti, e se proprio vuoi arricchire ciò che completo già è, puoi unire vaniglia, scorza d’arancia o cannella.

Ritornando al ripieno caratteristico e principale, proprio perché molti dei dolci che trovi in Sicilia contengono questo latticino, è opportuno fare una breve parentesi.

  • Le proteine del latte sono divise in frazioni diverse che hanno caratteristiche differenti. Principalmente si trovano: caseine, sieroproteine, immunoglobuline, sieroalbumine, azoto non proteico.
  • Le sieroproteine (20% circa), principalmente alfa-lattoalbumina e beta-lattoglobulina, ma anche altre proteine minori, si trovano in soluzione. Sono quelle che con l’azione del calore (intorno agli 80°C), e più o meno aggiunta di acido, citrico o tartarico, iniziano a flocculare dando vita alla ricotta, che deriva appunto dal siero, il liquido rimanente dopo lo spurgo della cagliata, nonché del formaggio.
  • Le caseine (80% circa) (alfa-s1, alfa-s2, beta, kappa) sono sospese nel latte, essendo in soluzione colloidale. Con l’incontro di un pH acido, (circa 4,6) ad opera di lattobacilli che trasformano il lattosio (zucchero disaccaride: glucosio + galattosio) in acido lattico e/o grazie agli enzimi del caglio, divengono formaggio. Rispettivamente la coagulazione viene detta acida o presamica/enzimatica. Nel primo caso, il pH può anche essere abbassato tramite acido citrico o acetico, succo di limone, aceto.
  • Non seguirà una dilungazione sui formaggi o sulle caseine, questa è una breve introduzione sulle proteine del latte, la ricotta, le sieroproteine e il ruolo che svolgono.
  • In particolare, la ricotta non è un formaggio, come molti erroneamente pensano, bensì un derivato del latte, principalmente un derivato da un sottoprodotto del latte, il siero, dove appunto sono disciolte le sieroproteine, in quanto soluzione vera, dopo avvenuta formazione del formaggio, principalmente grazie alle caseine.
  • In poche parole, in uno dei modi di coagulazione sopra citati o con una combinazione dei due otteniamo il formaggio dalle caseine.
  • Il siero derivante dal formaggio contiene le sieroproteine, che grazie all’azione del calore formano un ulteriore prodotto, la ricotta. Ciò che rimane della ricotta è un altro liquido chiamato “scotta”, che altro non è che siero deproteinizzato.

Adesso che abbiamo chiarito che la ricotta non è un formaggio, proseguiamo con il viaggio verso uno dei dolci siciliani più conosciuti e più desiderati, il cannolo siciliano.

Dopo aver conosciuto la ricotta però, sacrosanto è che sia esclusivamente di pecora, almeno nei dolci siciliani. Il sapore è molto più intenso di quello della ricotta di vacca, per esempio, sprigionando una delle caratteristiche principali dell’esperienza dolciaria e di gusto che ti conferma che stai degustando un autentico prodotto siciliano.

Se è vero che questo candido latticino puoi trovarlo per esempio in:

  • cassata siciliana
  • cassata siciliana al forno
  • sfincia di San Giuseppe
  • cartoccio
  • iris
  • genovese
  • e molti altri prodotti

oggi è questo scrigno, suo contenitore, croccante e ricco di bolle, che conosceremo e gusteremo, almeno con la mente, la salivazione, la vista e la stimolazione dei sensi, per prepararti al tuo prossimo viaggio in Sicilia.

Principalmente, in passato, fu un dolce carnevalesco, oggi sull’isola puoi gustarlo tutti i giorni, a tutte le ore e ogni qualvolta i tuoi sensi desiderano.

Se invece ti ritrovi in Sicilia, ma anche in Italia, a carnevale, puoi notare una certa somiglianza con le “chiacchiere”, “lattughe”, “frappe” e più nomi hai, più ne metti, visto che cambiano da regione a regione. Questi sono rimasti dei dolci carnevaleschi, ma l’impasto e il risultato finale è molto simile a quello di un cannolo, compresi nelle loro varianti.

Il termine “cannolo” deriva dallo strumento utilizzato per realizzarlo: “le canne di fiume”, ma in realtà “cannolo” vuol dire anche “rubinetto” in dialetto siciliano, sul quale in passato si dice si scherzasse facendo uscire la ricotta da questo croccante rubinetto, anziché l’acqua.

In ogni caso le origini del nome si pensi risalgano ai romani o ai saraceni.

Alcune versioni riportano il fatto che il cannolo sia stato inventato dalle monache di clausura, in un convento vicino Caltanissetta e che la ricetta venne rielaborata dagli arabi.

C’è chi dice che la ricetta fu inventata dalle donne dell’harem del castello di Caltanissetta, come omaggio fallico ai loro uomini, ispirandosi ad un piatto dolce, di origini romane, di cui parlò Cicerone, e ad una pietanza dolce araba già esistente.

In ogni caso tutto deriva dalle donne musulmane, che in qualche modo influenzarono le donne cristiane.

La scorza del cannolo può essere più o meno scura, e questo dipende dagli ingredienti che vengono utilizzati nell’impasto. Principalmente troviamo: farina, strutto (oggi spesso sostituito con il burro), saccarosio semolato, sale, uova, Marsala o vino, rosso o bianco. Alcuni degli ingredienti opzionali sono il cacao e il caffè, per esempio. L’inserimento o meno di uno o di entrambi influisce sul colore della scorza, ed è per questo che a volte è molto chiara, di un giallo-dorato color cottura immersiva nel grasso, altre volte più scura.

Quanto al ripieno, l’immancabile ricotta di pecora, fatta scolare e setacciata. Eccezioni e scelte personali prevedono anche l’eliminazione di quest’ultimo passaggio. Il latticino è arricchito in zucchero, spesso in gocce di cioccolato e altri ingredienti che servono ad aromatizzare ancor più il dolce, per esempio la scorza d’arancia grattugiata o candita e aromi naturali di vaniglia e cannella. Nella maggior parte dei casi sono il saccarosio e il cibo degli dei a fare da padroni in questo vortice ovino.

Decorazioni e ulteriori aggiunte sulle estremità vengono riservate a granella di pistacchi, gocce di cioccolato (solitamente quando non sono nel ripieno), frutta candita, come per esempio filetti di scorza d’arancia o ciliegie. Lo zucchero a velo sulla scorza.

Quando il dovere è piacere:

il cannolo deve essere esclusivamente riempito al momento, prima di mangiarlo. In caso contrario l’umidità del ripieno farebbe perdere l’esperienza delle diverse consistenze, soprattutto la morbidezza della ricotta e la croccantezza della scorza, annullando la degustazione per come dovrebbe essere. Alcuni bar e pasticcerie, se il cannolo deve essere portato in viaggio, ricoprono l’interno della scorza con un velo di cioccolato fondente, per ovviare al problema che si creerebbe.

Se sai che c’è una grande richiesta nel posto in cui sei e le scorze sono state riempite da poco, puoi concederti quest’emozione senza penalizzare la texture.

In ogni caso, ogni volta che ne hai la possibilità, fallo riempire al momento, e goditi questa musica, per le tue orecchie, per il tuo palato, per i tuoi sensi e anche per il tuo stomaco.

Quanto alla preparazione, l’impasto creato e fatto riposare, prevede stesura, formatura e in origine avvolgimento attorno alle canne di fiume. Oggigiorno c’è ancora chi applica questa tecnica, ma nella maggior parte dei casi vengono utilizzate le canne in acciaio.

Lo stesso accade per la frittura. Ancora oggi qualcuno frigge nello strutto, ma in maggioranza le scorze vengono fritte in oli di semi.

Adesso invece voglio informarti che magari potrai conoscere solo il cannolo, unico e originale in una forma grande e quasi monoporzione, “quasi” perché forse farai fatica a mangiarlo tutto da solo. In ogni caso è giusto che tu sappia che esiste anche la versione mignon, che non è chiamata cannolo, bensì “cannolicchio”.

Curiosità semiotica

Un cannolo, morso dopo morso, rottura dopo rottura, entra nell’intimità di chi lo sta consumando. Si frantuma tra le tue mani, i tuoi denti e le tue labbra. Che tu sia in piedi, o seduto, mangiandolo ti sporchi, come al solito, ritrovandoti in una situazione di confidenza con chi è lì con te, ed è proprio lì che si mostra un lato della tua intimità. Si rompe la scorza, e in qualche modo lo zucchero a velo e la ricotta entrano in scena, non solo nella tua bocca, ma sulla tua faccia, o addirittura sui tuoi vestiti, ma fidati, ne vale la pena.

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