Le preparazioni cambiano da luogo a luogo, da mani a mani e da una lunga serie di fattori, ma a volte ti riportano a casa.
Non è stata la mia prima pinza, ma la mia prima a Bologna e dopo alcuni anni, e le preparazioni cambiano da luogo a luogo, da mani a mani e da una lunga serie di fattori: materie prime, luogo di provenienza, varietà, ambiente in cui le si consuma ecc. E la prima cosa che faccio quando assaggio qualcosa, che sia nuova o meno, la annuso. Il primo senso che viene dopo la vista è l’olfatto, anche se a volte si danno il cambio tra di loro, e questo dipende da dove ci troviamo o da dove si trovano i detentori di quel profumo.
Avvertiamo il profumo di pane per strada e ci accorgiamo che a 50 metri c’è un panificio. Lo stesso vale per il profumo di burro mentre camminiamo verso una buona pasticceria, magari la nostra preferita. Così come il profumo di pizza in ogni angolo di paradiso che le sforna o di quello del caffè quando ancora non siamo in cucina, ma c’ha già pensato qualcun altro per noi.
Che altri profumi ti vengono in mente che vengono prima della vista?
Spero che lo faccia abitualmente anche tu e se così non fosse: permetti al tuo olfatto di guidarti in un nuovo viaggio, in una nuova esperienza sensoriale dove quello è solo l’inizio, ma allo stesso tempo è quello che ti guiderà e ti permetterà di imprimere ricordi e sensazioni per le prossime volte, per il resto della tua vita.
Memorizziamo i profumi. Spesso sono protagonisti di immagini e ricordi. Quando ero bambina vendevano nei forni del mio paese (in provincia di Agrigento) dei mini pan di Spagna ovali (credo li facciano ancora), dei biscuit savoiardo per essere ancora più precisi, che sapevano di zucchero, al gusto e alla vista (erano coperti di zucchero a velo), di uovo e di calore. Non solo perché spesso li mangiavo appena fatti, ancora caldi, ma perché, da bambini, sono mamme e nonne a procurarli.
Zucchero e uovo sono i primi elementi che rispettivamente vediamo e annusiamo in questa pinza bolognese. Così come la frolla, una frolla croccante ma non molto, più ai bordi, che al cuore, che ricorda anche qui i biscotti di mia nonna, ripieni di confettura, solitamente albicocche o prugne.
Ancora una volta, il cibo evoca immagini o ricordi, profumi, consistenze e anche emozioni come questo gelato.
E a ognuno di noi può ricordare ed evocare situazioni completamente diverse.
Questa volta una frolla dorata ripiena si veste di granelli di zucchero semolato. All’olfatto si avverte un profumo di savoiardi appena sfornati, all’esterno, sulla crosta. All’interno, dopo il taglio, dalla parte della mostarda, profuma di alloro, chiodi di garofano.
Grazie al sistema tattile e gustativo si avverte la croccantezza della frolla, e i granelli di zucchero che accarezzano il palato, dando una sensazione ruvida, quasi un massaggio olfattivo e gustativo.
In bocca la mostarda è acida, sa di ribes e lamponi nel complesso, a cui si alterna la croccantezza delle noci e di alcuni pezzettini di frutta, dove crunchy e crispy si incontrano. Sentori di vegetale ed erba tagliata umida si fanno avanti.
Alla fine una nota pepata brilla in bocca, accompagnando in retrolfatto sentori di tostato e frutta cotta. Un’esperienza sensoriale tutt’altro che stucchevole, poco dolce e ben bilanciata.
Ti è mai successo di trovarti lontano da casa ma di sentire un profumo che te la ricordasse?
Raccontaci la storia del tuo profumo di cibo preferito, di un piatto che ti evoca un ricordo o della pinza bolognese che conosci. Scrivi nei contatti: le storie più belle saranno pubblicate!
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